FLAG NO FLAGS & EMILY Generare arte nei nuovi contesti globali/About generating art in new global contexts

Testo in italiano e inglese|Text in italian and english

ITA:
Vi sono alcuni fenomeni globali con cui deve misurarsi il progetto di generare arte. Tra questi, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, i processi di costruzione e di crescita delle città e l’aumentata mobilità fisica e virtuale delle persone. Aspetti che hanno straordinariamente favorito gli scambi sociali e l’affermarsi di nuove mentalità, decisive nel determinare il corso degli eventi e quindi della Storia. Ed è in questi contesti inediti che, spesso con misurate preoccupazioni formali, si sono via, via stabilite le condizioni per cui soggetti dell’arte sono divenuti le interazioni umane, i contesti sociali, le forme dell’esistenza e le modalità di azione. La video opera “Emily” che l’artista canadese Otino Corsano ha prodotto per Fotografia Europea 2019 richiama oltre a queste prospettive i temi dell’educazione e della formazione che sono tratti interamente distintivi dell’Emilia Romagna ed in particolare di Reggio Emilia. L’opera proposta nella Chiesa di San Carlo e Sant’Agata a cura di Paola Rubertelli diviene quindi, tra l’altro, testimonianza e modello pedagogico nella pratica dell’idea che sia preferibile migliorare il rapporto con il mondo piuttosto che perseverare nel tentativo di ricostruirlo o rifondarlo.
Flag No Flags per la maggior comprensione di queste argomentazioni propone un dialogo a più voci convocando con Otino Corsano, Giovanni Nicolini, artista visivo che dai primi anni ’80, in ambito internazionale, le ha indagate e rappresentate con coerenza.

Paola Rubertelli (Flag No Flags): I grandi eventi catartici si rivelano spesso fondativi. Nell’immediato dopoguerra artisti e filosofi si impegnarono nella ricerca di nuove forme espressive appropriate all’interpretazione ed alla rappresentazione di quanto si era determinato. Lo studio dell’artista e la parete del collezionista divennero inadeguate. Jackson Pollock poneva la tela sul pavimento e teatralizzava il gesto della pittura nel tentativo di una immedesimazione totale. Quali elementi Otino Corsano ritrova, tra questi, nel suo riconoscersi parte del movimento artistico New Genres?

Otino Corsano: Le origini del New Genres iniziano esattamente con il periodo artistico del dopoguerra che menzioni. Sono decisamente ispirato da queste pratiche che a partire da Duchamp, riconfigurano la nozione stessa di arte. Inoltre, sono affascinato dalla conseguente Gestalt globale coinvolta in questi esperimenti simultanei internazionali. Ad esempio, i membri del gruppo giapponese Gutai hanno letto l'edizione dell'8 agosto 1949 di Life Magazine che conteneva le foto di Martha Holmes dedicate alla tecnica di Jackson Pollock. A loro volta le copie della rivista Gutai erano entrate nella biblioteca di casa di Pollock, ancor prima che il gruppo Gutai venisse a sua volta pubblicato sulla rivista Life nel 1956. Per questo nuovo progetto video intitolato "Emily" mi interessava esplorare l'ampia portata del metodo d’indagine allineato sia con l'arte internazionale che con i movimenti educativi. Emily è la versione inglese del nome Emilia. La chiamata postbellica ad una trasformazione pragmatica nell’ambito degli approcci artistici internazionali, si è rispecchiato nella ricerca da parte della comunità di Reggio Emilia di affidabilità nello stabilire un nuovo approccio educativo per i propri figli e per le generazioni future. Oggi più che mai l'intensità di questi movimenti “ottimisti” è così necessaria. Gli artisti e gli educatori sono spesso i primi a utilizzare metodi di indagine imparziali per risolvere i problemi del mondo reale mediante la revisione degli elementi e dei diritti più fondamentali. Sarebbe bello che i nostri governi e i nostri leader ne seguissero l'esempio.

Cosgrove, Ben. “Jackson Pollock: Rare Early Photos of the Action Painter at Work.” Time, Time 27 Jan. 2014, time.com/3878765/jackson-pollock-early-photos-of-the-action-painter-at-work/.
Genocchio, Benjamin. “Painting With Hands and Feet.” The New York Times, The New York Times, 21 Aug. 2009, www.nytimes.com/2009/08/23/nyregion/23artsli.html.

Giovanni Nicolini: E’ vero, come richiama Corsano, che ogni manifestazione artistica significativa si avvia, dal primo dopoguerra, da Marcel Duchamp e dalla redenzione da ogni espressione retinica e didascalica, consolidata poi nel surrealismo e nel dadaismo. E’ però in particolare nel secondo dopoguerra, certo per il diretto riflesso dell’olocausto e della nuova era nucleare, che principale soggetto dell’arte diviene la persona. L’individuo e la vita assumono quindi centralità, nell’affermazione di una pratica della vita finalmente non indifferente alla vita. L’arte concettuale, penso ad esempio a Joseph Kosuth o Roman Opalka, indica la possibilità che la semplice scelta valutativa possa essere considerata arte. La testimonianza e l’intento pedagogico divengono così parte del processo creativo. Penso che questo abbia influenzato profondamente le politiche sociali della nostra regione e che questo intreccio sia alla base dell’attenzione rivolta a questi modelli ed alle loro potenzialità da Otino. D’altro canto, forse non a caso, Robert Morris in una intervista rilasciata a Reggio Emilia dichiarava che tutta l’arte significativa è politica, come lo è il realizzarla o anche il solo parlarne.

Paola Rubertelli: Gregory Bateson rifletteva su di una struttura che, in primo luogo, fosse in grado di connettere, quasi si trattasse di una danza di parti interagenti. Come non pensare anche al minimalismo esistenziale di Pina Baush, tanto legata alle produzioni culturali della nostra città! Il manifesto fondativo di Flag No Flags contiene
anche questi elementi nel voler mettere in relazione quanto già esiste, non semplicemente in una logica sommatoria, ma piuttosto in una prospettiva sinergica, in modo che ognuno, nella condivisione, possa trarre benefici. Ha relazione con questo l’idea di “umbrella entity” a cui Corsano fa riferimento?

Otino Corsano: Assolutamente. Non avrei mai potuto produrre questo nuovo lavoro senza la fiducia che mi hai concesso. La maggior parte dei curatori non prenderebbe mai in considerazione l'idea di permettere ad un artista di creare un lavoro site-specific senza vedere nulla. La missione Flag No Flags si allinea perfettamente con il mio lavoro, guidato anche dalla cooperazione organica tra tutti i partecipanti. L'artista parla spesso di innumerevoli rifiuti; eppure nel mio caso, il lavoro svolto in Ocean Course Films è sorretto da tanti sostenitori, come te, che a loro volta contribuiscono a modellare ogni progetto video. Nel pianificare la produzione di "Emily", in primo luogo ho chiamato il mio buon amico John Mark Sherlock che aveva progettato il suono per un precedente progetto. Sapevo che avrebbe potuto produrre la partitura esatta che avevo in mente, elementi a bassa tonalità con durata prolungata, giustapposti a note alte più rapide accordate a immagini costruite solo con inquadrature grandangolari e ravvicinate. Ho quindi contattato Ryan Livingstone, un artista contemporaneo canadese, di cui ammiro il lavoro da decenni, che in modo simile conduce elementi diametralmente opposti in perfetto equilibrio. Fragilità e forza, luce e peso: una trasformazione resa permanente. La Bishop Strachan School è una prestigiosa scuola privata di Toronto, conosciuta anche come una delle prime e principali sostenitrici della filosofia pedagogica di Reggio Emilia. Ho avuto la fortuna di iniziare la mia carriera di insegnante lì, dopo la scuola di specializzazione a Los Angeles, e ho pensato di tornare a documentare i nuovi spazi progettati per integrare l'approccio Reggio-Inspired che offrono ora in modo rinnovato. Catherine Hant, preside della Junior School, insieme agli insegnanti sono stati eccezionalmente incoraggianti nel soddisfare la mia richiesta di filmare il bellissimo Atelier con le opere d'arte degli studenti e gli artefatti naturali. Sì, sono completamente in debito con artisti come Pina Baush e la sua ricerca pionieristica nel ridefinire la danza in una miriade di vie artistiche, come il teatro e persino la performance art. Per il mio recente video "Forest" (2017), anch'io ho tentato di costruire una nuova forma d'arte unendo parkour, atletismo e danza in una pratica performativa. Ho anche partecipato a un seminario condotto dalla ballerina contemporanea canadese Heidi Strauss al Toronto Dance Theatre per aiutarmi a preparare il progetto.

Giovanni Nicolini: I lavori di Corsano contribuiscono in modo convincente a rafforzare l’idea che la complessità dell’epoca richieda nella produzione artistica nuove metodologie, un approccio rinnovato nel rapporto con le tecnologie ed una capacità adeguata nel generare processi. Sarebbe interessante, a mio parere, penetrare l’utilizzo metaforico che propone dei media e dei film. Indica in alcune interviste la nozione di tropo e questo è davvero notevole: cosa significa dal suo punto di vista utilizzare gli strumenti dirigendoli o deviandoli affinchè rivestano significati diversi dalle loro possibilità originarie?

Otino Corsano: L’aspirazione a impiegare il film in modi non convenzionali è legata direttamente alla mia pratica New Genres e all'intenzione di creare nuovi circuiti artistici. Ho trovato eccezionalmente stimolante la produzione di nuovi approcci cinematografici, dal momento che gran parte del cinema è costruita con strutture vere e consolidate. Ci aspettiamo che un film inizi con una dissolvenza dal nero e che un fotogramma preciso ci introduca nella nostra dimensione di attesa. Queste convenzioni costituiscono il linguaggio del film; inoltre, funzionano semplicemente su tutti i livelli di ricezione. Ho smesso di combattere questi aspetti formali del film. Uso le classiche zoomate lente, rake focus e ho invitato la fotografa commerciale e ritrattista Geneviève Caron come direttore della fotografia in questo progetto, poiché sapevo che avrebbe potuto catturare questi effetti glamour con precisione e profondità. Come giustamente ipotizzate nella vostra domanda, la mia personalizzazione del film come “medium” artistico si basa sul produrre significato attraverso la metafora. Ho messo a punto un metodo per lavorare in collaborazione con un team unico di autori che assemblo per ogni progetto di Ocean Course Films. L'obiettivo
è quello di produrre un'esperienza totale, della quale delineo preventivamente solo i parametri. Ciò consente a ciascun collaboratore di contribuire alla produzione in modo unico, personale, prossimo alla libertà creativa con la quale i musicisti jazz improvvisano all'interno di un ritmo impostato. Il mio editor Jeff Hamill è abituato al mio consueto input di "renderlo Miles Davis", il che significa essenzialmente che confido nella sua capacità di creare una potente esperienza cinematografica attraverso un'inaspettata sincope di suoni e immagini. Non mi ha mai deluso nei molti progetti che abbiamo completato, sistemando sempre elementi visivi in sequenze mozzafiato, con esiti che non avrei mai potuto prevedere. La partitura originale orchestrata dal compositore John Mark Sherlock colloca al posto giusto ogni punto del montaggio del video "Emily", dato che ogni taglio è esattamente sincronizzato con ogni nota dell'arrangiamento musicale. Per vari aspetti il video è un tentativo di fare di una colonna sonora un film. Non c'è niente di più gratificante che guardare un film finito e avvallare un prodotto che riconosco come mia visione pur essendo completamente diverso, elevato rispetto alle mie prime idee riguardanti l’opera, e questo grazie ai talentuosi contributi degli incredibili artisti con cui ho scelto di lavorare. Credo che questo trasferimento di significato sia similmente rielaborabile e percepibile dallo spettatore. I temi che esploro operano all'interno di parametri impostati. Come i collaboratori hanno plasmato il lavoro in modi nuovi, anche allo spettatore viene fornito un perimetro da esplorare, piuttosto che un messaggio predefinito.

Giovanni Nicolini: La video opera “Emily” ambientata nella Chiesa di San Carlo e Sant’Agata è un significativo omaggio allo specifico metodo pedagogico definito nel mondo Reggio Emilia Approach, una delle qualità più rilevanti del nostro territorio, rappresentata ed adottata anche in Canada, come ricorda Otino. Eppure, quasi in una prospettiva speculare globale, va detto che due tra i luoghi culturalmente più rilevanti di Reggio Emilia, la Biblioteca e il Chiostro di San Domenico, tangibili “axis mundi” delle produzioni culturali della città, sono caratterizzati da notevoli opere di Sol LeWitt e Robert Morris, entrambi autori nordamericani. Ancora, quindi, il tema del minimalismo, della riflessione dedicata al rapporto con il tempo, con la Natura, con la narrazione, con l’attenzione rivolta al processo creativo ancor prima che ai suoi esiti formali. Tra Est e West Coast, che rapporto hanno l’esperienza e le produzioni di Otino Corsano con tutto questo?

Otino Corsano: Come artista neo-concettuale nel profondo, sono indubbiamente un discepolo sia delle strutture prefabbricate di Lewitt, che della capacità inventiva di Morris nel proporre una miriade di nuovi movimenti artistici. Similmente alla tua pratica artistica contemporanea, anch'io mi sto dedicando a connettere i vari livelli del mio approccio multidisciplinare adottando un'estetica minimalista per focalizzare meglio le questioni che affrontano il nostro clima globale, come ad esempio il tema dei diritti dei bambini intrecciati a quello di un ambientalismo pragmatico. Ideare questo progetto appositamente per il contesto di Reggio Emilia è stato per certi versi un ritorno a casa, che ha suscitato in me emozioni contrastanti. Essendo un artista canadese nato da immigrati italiani di prima generazione, ho sperimentato discriminazioni nella mia prima carriera artistica nell’ambito della comunità artistica di Toronto, e in una certa misura ancora oggi. L'attenzione multiculturale del Canada ha involontariamente lavorato contro di me, nella misura in cui sono stato spinto a rappresentare la comunità italo-canadese, quando in realtà il mio lavoro non era affatto permeato da questo tipo di politiche identitarie o discorsi culturali. Desideravo semplicemente essere rispettato come artista autonomo e la mia polemica contro il fatto di essere catalogato mi ha incoraggiato a trasferirmi a studiare a Los Angeles. I miei anni vissuti sulla costa occidentale sono stati l'apice della mia sperimentazione nell'ambito dei New Genres, in quanto ho avuto l'opportunità di studiare con Martin Kersels, Larry Johnson e Bruce Yonemoto e altri influenti artisti di Los Angeles. Lavorare come assistente installatore alla Gagosian Gallery mi ha dato accesso diretto allo studio delle opere più ricercate e richieste dell'arte contemporanea. Il mio lavoro consisteva nel conservare le “reliquie” di Chris Burden e collaborare all'installazione di opere di Jeff Koons, Cindy Sherman, Maya Lin e Vanessa Beecroft, artisti che ho avuto l'onore di incontrare di persona.
Tornando in Canada, coltivo le libertà che ho nell’inventare da zero la mia identità come artista, in una città che sta appena iniziando a riscrivere le regole dell'arte internazionale e contemporanea da una prospettiva molto locale. Sono contento di riuscire a rimanere relativamente nell’ombra a Toronto e tuttavia di accedere ai mercati globali e alle comunità artistiche direttamente dalla mia casa di Willowdale. L'opportunità di esporre in Italia ha guarito alcune delle ferite legate alla mia stigmatizzazione in Canada - sia a causa di una nozione congelata e felliniana della cultura italiana degli anni 50 generata dalla visione nostalgica del luogo d’origine da parte della comunità italo-canadese, che a causa del silenzio assordante e dell’ostracismo ancora insito nella cultura canadese postcoloniale. L’appello a ridefinire le strutture della nostra nazione, sulla scia della necessità di riconciliazione e giustizia tra i popoli indigeni e non indigeni in Canada, è incoraggiante. "Emily" è stato pensato per operare oltre le lingue, i confini e la politica, affrontando l'educazione ambientale e l'impegno, che una necessità urgente, rende globale.

Paola Rubertelli: Condivido la necessità e l’urgenza dell’impegno, come indica Otino. Probabilmente la collaborazione tra noi è rafforzata proprio da questi aspetti. Flag No Flags lavora ad un approccio olistico e transdisciplinare. L’Associazione è legata ad una dimensione antropologica rivolta ad un uomo a più dimensioni: spirito e corpo, mascolinità e femminilità, intelletto e affettività, fattori che concorrono a darne un'immagine dinamica. Con il mio gruppo di lavoro vorremmo rappresentare l’immagine di una persona compresa nella sua interezza, con la propria coscienza, porgendo attenzione agli stati preconsci e profondi, psichici e biologici ed anche intellettuali e spirituali. L’impegno si traduce per noi in un processo permanente, davvero prossimo al concetto di scultura sociale di Joseph Beuys, nel suo continuo divenire con i legami ecologici, politici, religiosi, economici, storici e culturali che determinano l’apparato sociale, in Emilia come ovunque. Per queste vie l’arte diviene quindi antropologica, un tutt’uno con la vita. Questo sembra connetta in modo saldo l’esperienza di Flag No Flags a quella di Otino Corsano - che ancora ringrazio per l’importante testimonianza - e di Giovanni Nicolini a cui va riconoscenza anche per la condivisione e la redazione delle note poste a premessa del libero scambio di opinioni.

ENG:
There are some global phenomena to which the project of generating art must measure up. Among these, starting from the end of the Second World War, the processes of construction and growth of cities and the increased physical and virtual mobility of people. Aspects that have favored social exchanges and the affirmation of new mentalities, which are decisive in determining the course of events and therefore of history. And in these new contexts gradually been created the conditions for which, often with measured formal concerns, the subjects of art have become human interactions, social contexts, forms of existence and modes of action. The video work "Emily" that the Canadian artist Otino Corsano produced for Fotografia Europea 2019 recalls, in addition to these perspectives, the themes of education and training which are entirely distinctive traits of Emilia Romagna and in particular of Reggio Emilia. The work proposed in the Church of SS. Carlo and Agata by Paola Rubertelli thus becomes, among other things, a testimony and a pedagogical model in the practice of the idea that it is preferable to improve the relationship with the world rather than persevere in trying to rebuild it or refill it. For a deeper understanding of these arguments, Flag No Flags proposes a dialogue of several voices convening, besides Otino Corsano, Giovanni Nicolini, a visual artist who has investigated and represented them coherently since the early 1980s in the international arena.

Paola Rubertelli (Flag No Flags): The major cathartic events are often foundational. In the immediate post-war period, artists and philosophers engaged in the search for new expressive forms appropriate to the interpretation and representation of what had been determined. The artist's studio and the collector's wall became inadequate. Jackson Pollock placed the canvas on the floor and dramatized the gesture of painting in the attempt of a total identification. Which elements does Otino Corsano find among these, while recognizing himself as part of the New Genres artistic movement?

Otino Corsano: The origins of New Genres begin exactly with the post-war art period you mention. I am definitely inspired with practices since Duchamp which reconfigure the very notion of art. Moreover, I remain fascinated with the inherent global gestalt involved with these simultaneous international experiments. For example, members of Japan’s Gutai Group had read the August 8th, 1949 edition of Life Magazine featuring Martha Holmes’ photos of Jackson Pollock’s technique. In turn, copies of the Gutai magazine had found their way into Pollock’s home library even before the Gutai group was also featured in Life magazine in 1956. For this new video project titled “Emily” I was interested in exploring the broad scope of the inquiry method aligned with both international art and educational movements. Emily is the English version of the name Emilia. The post-war call for pragmatic transformation within international art approaches was mirrored in the community of Reggio Emilia’s search for veracity in establishing a new educational approach for their children and for future generations. Today more than ever, the poignancy of these optimistic movements is so needed. Artists and educators are often the first to employ unbiased inquiry to solve real world issues by revisioning the most fundamental elements and rights. It would be nice for our governments and leaders to follow suit.

Cosgrove, Ben. “Jackson Pollock: Rare Early Photos of the Action Painter at Work.” Time, Time, 27 Jan. 2014, time.com/3878765/jackson-pollock-early-photos-of-the-action-painter-at-work/.
Genocchio, Benjamin. “Painting With Hands and Feet.” The New York Times, The New York Times, 21 Aug. 2009, www.nytimes.com/2009/08/23/nyregion/23artsli.html.

Giovanni Nicolini: It is true, as Corsano recalls, that starting from the first post-war period every significant artistic manifestation is inspired by Marcel Duchamp and by the redemption from every retinal and visual expression, then consolidated in surrealism and Dadaism. It is, however, particularly in the second post-war period, certainly due to the direct reflection of the Holocaust and the new nuclear age, that the person becomes the main subject of art. The individual and life thus take on centrality, in the affirmation of a life practice that is not indifferent to life at last. Conceptual art, I think for example of Joseph Kosuth or Roman Opalka, indicates the possibility that the simple evaluative choice can be considered art. Testimony and pedagogical intent become part of the creative process. I think this has profoundly influenced the social policies of our region and that this intertwining is at the base of the attention given to these models and to their potentialities by Otino. On the other hand, perhaps not surprisingly, Robert Morris stated in an interview in Reggio Emilia that all art is political, as it is the making of it, or even just talking about it.

Paola Rubertelli: Gregory Bateson reflected on a structure that, first of all, had to be able to connect, as if it were a dance of interacting parts. How not to think of the existential minimalism of Pina Baush, so closely tied to the cultural productions of Reggio Emilia! The founding “manifesto” of Flag No Flags contains these elements as well, while wanting to relate what already exists, not simply in a logical summation, but rather in a synergistic perspective, so that everyone, in sharing, can benefit. Does your (Otino) idea of "umbrella entity" refer to this?

Otino Corsano: Absolutely. I could have never produced this new work without the trust you graciously granted me. Most curators would never consider allowing an artist the opportunity to build new site-specific work sight unseen. The Flag No Flags mission aligns perfectly with my practice also driven by organic cooperation among all participants. Artist often speak of countless rejections; yet in my case, my Ocean Course Films work has been championed by so many supporters, like yourself, who in turn help to shape each video project. In planning the production of “Emily”, I first called my good friend John Mark Sherlock as he had designed the sound for a previous project. I knew he could produce the exact score I had in mind featuring low toned elements for sustained durations juxtaposed with more rapid high notes in order to compliment visuals built of only wide angle and close-up shots. I then contacted Ryan Livingstone, a Canadian contemporary artist whose work I have admired for decades as also carrying diametric opposites in perfect balance. Fragility as strength, light and weight, transformation made permanent. The Bishop Strachan School is a prestigious Toronto private school also known as a premiere proponent of the Reggio Emilia philosophy. I was fortunate to launch my teaching career there after graduate school in Los Angeles and I thought to return to document the new spaces designed to complement the ReggioInspired approach they deliver anew. Catherine Hant, Principal of the Junior School, along with the teachers were exceptionally encouraging by granting my request to film the beautiful Atelier featuring student artwork and natural artifacts. Yes, I am completely indebted to artists such as Pina Baush and her pioneering quest to redefine dance into a myriad of artistic avenues, such as theatre and even performance art. For my recent “Forest” (2017) video, I too attempted to construct a new art form by merging parkour, athleticism and dance into a performative practice. I participated in a workshop led by Canadian contemporary dancer Heidi Strauss at Toronto Dance Theatre to help me prepare for the project.

Giovanni Nicolini: Corsano's work convincingly contributes to reinforcing the idea that the complexity of the era requires new methodologies in artistic production, a renewed approach in the relationship with technologies and an adequate capacity to generate processes. It would be interesting, in my opinion, to enter the metaphorical use Otino does of media and films. Otino indicates, in some interviews, the notion of trope and this is truly remarkable: Otino, what is the meaning of using the tools directing or deviating them so that they cover different significances from their original possibilities?

Otino Corsano: My aspirations to employ the medium of film in unconventional ways is linked directly to my New Genres practice and intention to produce new art arenas. I have found it exceptionally challenging to produce new film approaches since so much of cinema is built from tried and true structures. We expect a movie to start with a fade up from black and an establishing shot to help us to enter into our suspension of disbelief. These conventions make up the language of film; moreover, they simply work on all levels of reception. I’ve stopped battling these formal aspects of film. I use classic slow zoom shots, rake focus, and invited commercial and celebrity photographer Geneviève Caron to be the cinematographer on this project since I knew she could capture these glamourous effects with precision and depth. As you expertly surmise in your question, my customization of film as an art medium is built on a manner of producing meaning through metaphor. I have discovered a method of working collaboratively with a unique team of creators I assemble for each Ocean Course Films project. The goal is to produce a total experience I only delineate parameters for in advance. This enables each collaborator to contribute to the production in their unique way similar to the freedom jazz musicians creatively improvise within a set bass rhythm. My editor Jeff Hamill is used to my common direction to “make it Miles Davis” which essentially means I trust in his ability to create a powerful cinematic experience through unexpected syncopation of sound and images. He has never let me down in the many projects we have completed, always arranging visuals in breathtaking sequences I could never anticipate in advance. The original score orchestrated by composer John Mark Sherlock set every edit point in place for the “Emily” video as each cut is exactly on beat with every note of the orchestration. In many ways, the video is an attempt to have a soundtrack be a film. There is nothing more rewarding than watching a finished film and witnessing a product I both recognize as my vision while being completely elevated and distinct from my first aspirations for the artwork because of the talented contributions of the incredible artists I chose to work with. I believe this transference of meaning is similarly malleable once perceived by the viewer. The themes I explore operate within set parameters. Like the collaborators who shaped the work in new ways, the viewer is similarly provided with a field of engagement to explore rather than a prescribed message.

Giovanni Nicolini: The video work “Emily”, represented in the Church of SS. Carlo and Agata, is a significant tribute to the specific pedagogical method worldwide known as “The Reggio Emilia Approach”, one of the most significant qualities of our territory, represented and adopted also in Canada. Furthermore, almost in a specular perspective, it must be said that two of the most culturally relevant places in Reggio Emilia, the Library and the Cloister of San Domenico, tangible "axis mundi" of the city's cultural productions, are characterized by remarkable works by Sol LeWitt and Robert Morris, both North American authors. Again, therefore, the theme of minimalism, of the reflection dedicated to the relationship with time, with Nature, with narration, with attention given to the creative process even before its formal results. Between East and West Coast, what is the relationship between Otino Corsano's experience and production with all this?

Otino Corsano: As a neo-conceptualist artist at heart, I am indubitably a disciple of both LeWitt’s pre-fab tennets and Morris’ invention of a myriad of new art movements. Akin to your own contemporary art practice, I too am dedicated to building relevancy in my multi-disciplinary approach by adopting a minimalist aesthetic to better focus on issues facing our global climate such as children’s rights woven within a pragmatic environmentalism. Designing this project specifically for the setting of Reggio Emilia was in some ways a homecoming wrought with conflicting emotions for me. As a Canadian artist born of first-generation Italian immigrants, I had experienced discrimination in my early art career in the Toronto art community and to a degree, still do to this day. Canada’s multicultural focus inadvertently worked against me in so far as I was pressured to represent the Italo-Canadian community when in fact my work was not invested in this type of identity politics or cultural discourse at all. I wished to simply be respected as an autonomous artist and my polemic against being pigeon-holed fueled my move to study in Los Angeles.
My years living on the West Coast, were the height of my experimentation within the field of New Genres as I had the opportunity to study with Martin Kersels, Larry Johnson and Bruce Yonemoto among other influential LA artists. Working as an assistant installer at Gagosian Gallery gave me access to studying the most sought after works of contemporary art first-hand. It was my job to preserve Chris Burden’s relics and help install works by Jeff Koons, Cindy Sherman, Maya Lin and Vanessa Beecroft, all who I had the honour of meeting in person. Returning to Canada, I cherish the freedoms I have to invent my identity from scratch as an artist in a city which is just beginning to rewrite the rules for international and contemporary art on a very local level. I revel in the ability to remain relatively obscure in Toronto and yet access global markets and artist communities from my Willowdale home. The opportunity to exhibit in Italy has healed some of the wounds associated with being stigmatized in Canada – by both a Fellini-esque frozen notion of 50’s Italian culture generated by the Italo-Canadian community’s nostalgic view of their place of origin and the deafening silence and ongoing ostracism still embedded in postcolonial Canadian culture. The call to redefine our nation’s structures is heartening in the wake of the need for reconciliation and justice between Indigenous and nonIndigenous peoples in Canada. “Emily” was intended to operate beyond languages, borders and politics by addressing environmental education and engagement which is global by an urgent necessity.

Paola Rubertelli: I share the need and urgency of commitment, as Otino indicates. Probably the collaboration between us and our sharing are strengthened precisely by these aspects. Flag No Flags works on a holistic and transdisciplinary approach. The Association is linked to an anthropological dimension aimed at a human being of many dimensions: spirit and body, masculinity and femininity, intellect and affectivity, factors that combine to give a dynamic image. With Flag No Flags we would like to represent the image of a person in his entirety, with his own conscience, paying attention to preconscious and profound, psychic and biological states as well as intellectual and spiritual states. The commitment is translated for us into a permanent process, really close to the concept of social sculpture of Joseph Beuys, in its continuous becoming with the ecological, political, religious, economic, historical and cultural ties that determine the social apparatus, in Emilia like everywhere else. This allows art to become anthropological, one with life. This seems to connect in a firm way the experience of Flag No Flags to that of Otino Corsano, whom I still thank for the important testimony, and of Giovanni Nicolini to whom we express our gratitude and appreciation for sharing this project and for the editing of the notes set as a premise of this free exchange of views.